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  • domenica 21 febbraio 2010

    Michelangelo Merisi detto il Caravaggio

    Biografia

    La giovinezza (1571 - 1595)

    Michelangelo Merisi (o Merigi o Amerighi) nacque nel 1571 dai genitori Fermo e Lucia a Milano, come sembra provato dalla fortunata scoperta del certificato di nascita avvenuta nel 2007. La scoperta chiude un dibattito apertosi nel 1973, quando per la prima volta si pensò che egli non fosse nato a Caravaggio nella provincia di Bergamo, ipotesi priva di riscontri ma comunemente accettata per secoli. Secondo recenti ricerche biografiche negli archivi parrocchiali lombardi risulterebbe che Michelangelo Merisi nacque nella parrocchia di S. Stefano in Brolo (Milano) il 28 settembre del 1571 e ivi fu battezzato il 30. L'archivio parrocchiale al mese di settembre 1571 riporta: "Adi 30 fu bat(tezzato) Michel Angelo f(ilio) de D(omino) Fermo Merixio et d(omina) Lutia de Oratoribus. Compare Francesco Sessa". La chiesa di Santo Stefano in Brolo si trova nel quartiere che alloggiava le maestranze della Veneranda fabbrica del Duomo e il padre di Michelangelo, di mestiere mastro muratore, probabilmente lavorava per essa al momento della nascita, mentre la famiglia di Michelangelo aveva come parrocchiale la Chiesa di santa Maria della Passerella. . Nel 1577 però, a causa della peste, la famiglia Merisi si trasferisce a Caravaggio per sfuggire all'epidemia, ma inutilmente: muoiono infatti sia il padre che i nonni del pittore. Nel 1584, a tredici anni, dimostrando evidentemente un precoce talento pittorico, Michelangelo Merisi venne accolto nella bottega di Simone Peterzano (pittore di un certo successo all'epoca), allievo di Tiziano e attivo a Milano. "Il contratto di apprendistato lo firma la madre, il 6 aprile 1584: per poco più di quaranta scudi d'oro. (...) Va dietro il maestro ad affrescare, nella chiesa di San Maurizio al Monastero Maggiore, in quella di San Barnaba". L'apprendistato del giovane pittore si protrasse per circa quattro anni, durante i quali apprese la lezione dei maestri della scuola lombarda e veneta. Giulio Mancini, uno dei suoi biografi, nelle "Considerazioni sulla pittura" del 1621, racconta dell'infanzia di Caravaggio, sottolineando il forte carattere dell'artista già in quei primi anni: «Studiò in fanciullezza per quattro o cinque anni in Milano, con diligenza ancorché di quando in quando, facesse qualche stravaganza causata da quel calore e spirito così grande».

    Il 6 aprile 1588 scadeva il contratto con il suo maestro; il giovane pittore probabilmente in quegli anni abbandonò Milano per trasferirsi a Venezia, per conoscere da vicino l'opera dei grandi maestri del colore, Giorgione, Tiziano e Tintoretto.

    L'indovina, 1594, Musei Capitolini, Roma.

    Il trasferimento a Roma (1592)

    Alcuni biografi del pittore (soprattutto Giovanni Baglione), accennano ad un probabile omicidio che Caravaggio, allora poco più che ventenne, avrebbe commesso proprio quell'anno; ipotizzando che il viaggio a Roma sarebbe stato in realtà una fuga.

    I primi tempi furono duri e mortificanti, soprattutto per colpa del suo carattere spigoloso ed aggressivo, che non lo facilitava nel rapporto con gli altri. Bellori, uno storico dell'epoca, lo descrive in quel periodo già affetto da malaria (fatto che condizionò il suo sistema nervoso per tutta la vita) un'infermità che rendeva il suo fisico fragile e vulnerabile in perfetto contrasto con la sua tempra irascibile.

    Nel primo periodo romano Caravaggio si trovò costretto a fare copie di quadri sacri da utilizzare come pagamento per un alloggio modesto all'interno di una pensione gestita da un certo monsignor Pandolfo Pucci, che lui soprannominava "Monsignor Insalata", per via del magro vitto di sole verdure che questi soleva passare ai suoi clienti.

    Stanco di questa situazione, l'artista si trasferì presso la bottega di Lorenzo il Siciliano, un mediocre pittore dell'epoca, che non seppe valorizzare e capire il talento del giovane apprendista al quale faceva dipingere solo teste di santi. Dopo il Siciliano, Caravaggio ebbe per un breve periodo di tempo come maestro Antiveduto Gramatica, un sofisticato pittore manierista senese.

    Grazie all'apprendistato presso le botteghe di questi due artisti Caravaggio acquistò la rapidità d'esecuzione: visto che i due pittori producevano opere "in serie", in un gran numero di copie, questo costringeva loro e gli allievi, che seguivano le loro direttive, a dipingere rapidamente. Fu anche merito dei suoi primi maestri se Caravaggio nell'arco di venti anni di carriera riuscì a creare un gran numero di capolavori.

    La bottega del Cavalier d'Arpino

    Dopo l'esperienza presso il Gramatica, Caravaggio approdò alla corte di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino, uno dei pittori più in voga negli ambienti della committenza romana. Da questo maestro, come dice il Bellori: «fu applicato a dipinger fiori e frutti sì bene contraffatti, che da lui vennero a frequentarsi a quella maggior vaghezza che oggi tanto diletta». Quei fiori e frutti in realtà rappresentano l'inizio di quel genere pittorico che in seguito verrà definito natura morta. Gli insegnamenti del Cavalier d'Arpino non appagavano il giovane pittore che si sentiva poco stimolato da ciò che il maestro gli proponeva. Questa sua insoddisfazione, sommata ad un episodio che vide Caravaggio ricoverato all'ospedale per il calcio di un cavallo, senza che il suo maestro gli facesse visita, fu motivo di litigio tra i due; il pessimo carattere dell'allievo portò alla rottura del rapporto con la bottega del Cesari.

    Caravaggio, spinto dalla voglia di affermazione decise così di mettersi in proprio. Durante questo periodo e per tutta la sua vita ebbe una condotta di vita piuttosto sregolata, viene spesso citato nelle denunce per vari fatti di violenza nei quartieri più turbolenti della città, il che ha oltremodo alimentato il mito dell'artista bohémien che traeva ispirazione dalla vita di strada e dai fatti di sangue e di malaffare a cui era abituato.

    Nel Bacchino malato, una delle sue prime opere compiute, è raffigurato il Caravaggio di quei primi anni romani, lo sguardo vivo ed intenso contrasta con la malinconia provocata dalla malattia che affliggeva il giovane pittore e che lo accompagnò fino alla morte.

    I personaggi che posavano per i suoi dipinti venivano direttamente dalla strada, era gente umile che egli usava frequentare quotidianamente; inoltre Caravaggio non poteva permettersi di retribuire dei modelli di professione, per via delle scarse committenze che l'artista faticava ad ottenere.

    I successi degli anni romani (1595 - 1606)

    L'amicizia con il cardinal Del Monte

    Riposo durante la fuga in Egitto, 1594, Roma, Galleria Doria Pamphilij.

    Grazie a Prospero Orsi (meglio noto come Prosperino delle Grottesche), pittore con il quale strinse una forte amicizia, il Merisi nel 1595 conobbe il suo primo protettore: il cardinal Francesco Maria Del Monte, grandissimo uomo di cultura ed appassionato d'arte che, incantato dalla sua pittura, acquistò alcuni dei suoi quadri; il giovane lombardo entrò al suo servizio, rimanendovi per circa tre anni. Il Del Monte secondo il Bellori: «ridusse in buono stato Michele e lo sollevò dandogli luogo onorato in casa fra i gentiluomini».

    La fama dell'artista grazie al suo importante committente cominciò a decollare all'interno dei più importanti salotti dell'alta nobiltà romana. L'ambiente fu scosso dalla sua rivoluzionaria pittura che si pose immediatamente al centro di forti discussioni ed accese polemiche. Grazie alle commissioni e ai consigli dell'influente ed illuminato prelato, Caravaggio mutò il suo stile: abbandonando le tele di piccole dimensioni ed i singoli ritratti e cominciando a dedicarsi alla realizzazione di opere complesse con gruppi di più personaggi che interagiscono tra loro, descrivendo all'interno di un'ambientazione un episodio specifico. Uno dei primi lavori di questo periodo è il Riposo durante la fuga in Egitto.

    Nel giro di pochi anni la sua fama crebbe in maniera esponenziale, Caravaggio divenne un mito vivente per un'intera generazione di pittori che ne esaltavano lo stile e le tematiche.

    Le prime commissioni importanti

    La cappella Contarelli con le opere di Caravaggio

    Nel 1599 Caravaggio, grazie all'aiuto del cardinal Del Monte, ricevette la prima commissione pubblica per due grandi tele da collocare all'interno della cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. I dipinti che Caravaggio doveva realizzare riguardavano degli episodi tratti dalla vita di san Matteo: la vocazione ed il martirio.

    In meno di un anno il pittore concluse le due opere, e tale fu il successo di questi due dipinti che Caravaggio ebbe immediatamente un altro importante incarico per la Chiesa di Santa Maria del Popolo. Per ordine del monsignor Tiberio Cerasi, che aveva acquistato una cappella della chiesa romana, gli vennero commissionati due dipinti: la Crocefissione di San Pietro e la Conversione di san Paolo. Contemporaneamente gli fu chiesta la realizzazione di una terza tela per la Chiesa di San Luigi dei Francesi: San Matteo e l'Angelo. Il pittore, nonostante conoscesse bene il gusto estetico dei suoi committenti, scelse dei soggetti popolari, che esprimessero in una dimensione reale e drammatica lo svolgersi degli eventi, rappresentando così i valori spirituali della corrente pauperista all'interno della Chiesa Cattolica.

    La prima versione del San Matteo e l'Angelo, distrutta in Germania durante la Seconda guerra mondiale, fu però rifiutata e poi sostituita con quella ancora in loco dipinta nel 1602. La stessa sorte toccò ai due quadri per la Cappella Cerasi di Santa Maria del Popolo, che dopo esser stati rifiutati vennero comprati dal cardinal Giacomo Sannesio.

    La descrizione da parte del Bellori dell'episodio del rifiuto della pala di San Matteo e l'Angelo, fa da introduzione ad un altro importante protettore di Caravaggio:


    « Qui avvenne cosa, che pose in grandissimo disturbo, e quasi fece disperare Caravaggio in riguardo della riputazione; poiché avendo egli terminato il quadro di mezzo di San Matteo e postolo sù l'altare, fu tolto via dai Preti, con dire che quella figura non aveva decoro, né aspetto di santo, stando à sedere con le gambe incavalcate, e co' piedi rozzamente esposti al popolo. Si disperava il Caravaggio per tale affronto nella prima opera da esso pubblicata in chiesa, quando il Marchese Vincenzo Giustiniani si mosse à favorirlo, e liberollo da questa pena; poiché interpostosi con quei Sacerdoti, si prese per sé il quadro, e glie ne fece fare un altro diverso, che è quello che si vede ora sul'altare. »


    Il Marchese Giustiniani era un ricco banchiere genovese nell'orbita della corte pontificia - oltre che vicino di casa del cardinal Del Monte, visto che aveva sede in palazzo Giustiniani di Roma con il fratello cardinal Benedetto Giustiniani - e fu protettore di Caravaggio per molti anni; collezionò moltissime delle sue opere e contribuì moltissimo alla formazione culturale del pittore. In più di un'occasione, grazie alle sue ramificate influenze, riuscì a salvare l'artista dalle gravose questioni legali nelle quali era spesso implicato per colpa della sua indole aggressiva.

    I bari, 1594, Kimbell Art Museum di Fort Worth.

    I guai con la legge

    Durante il suo soggiorno presso Palazzo Madama (Roma), dimora del cardinal Del Monte, il Merisi si rese protagonista di un episodio spiacevole il 28 novembre del 1600, in cui malmenò e percosse con un bastone Girolamo Stampa da Montepulciano, un nobile che si trovava come ospite del prelato: ne conseguì una denuncia. In seguito gli episodi di risse, violenze e schiamazzi andarono via via aumentando; spesso il pittore venne arrestato e condotto presso le carceri di Tor di Nona.

    Non sarebbe comunque stato il primo guaio con la legge per il turbolento artista. Il Bellori -uno dei suoi primi biografi- addirittura sostiene che, intorno al 1590-92, Caravaggio -già distintosi per risse tra bande di giovinastri- avrebbe commesso un assassinio, a causa del quale era fuggito da Milano prima per Venezia (dove studiò la pittura locale, in particolar modo Giorgione), e poi per Roma. Il suo trasferimento nella Città Eterna, dunque, non sarebbe stato una meta prefissata, ma la conseguenza di una fuga.

    Nel 1602 dipinge La cattura di Cristo e Amor Vincit Omnia. Nel 1603 fu processato per la diffamazione di un altro pittore, Giovanni Baglione, che querelò sia Caravaggio sia i suoi seguaci Orazio Gentileschi e Onorio Longhi, colpevoli di aver scritto rime offensive nei suoi confronti. Grazie all'intervento dell'ambasciatore francese, Merisi, condannato al processo, venne liberato e trasferito agli arresti domiciliari, seppur per poco (in precedenza, aveva scontato già un mese di carcere a Tor di Nona).

    Tra il maggio e l'ottobre del 1604 il pittore fu arrestato varie volte per possesso d'armi abusivo e ingiurie alle guardie cittadine; inoltre, fu querelato da un garzone d'osteria per avergli tirato in faccia un piatto di carciofi.

    Nel 1605 fu costretto a scappare a Genova per circa tre settimane, dopo aver ferito gravemente un notaio, Mariano Pasqualone da Accumuli, a causa di una donna: Lena, l'amante di Caravaggio. L'intervento dei protettori dell'artista riuscì ad insabbiare l'accaduto anche se, al ritorno a Roma, il pittore venne querelato da Prudenzia Bruni, sua padrona di casa, per non aver pagato l'affitto; per ripicca, Merisi prese nottetempo a sassate la sua finestra, finendo nuovamente querelato. Nel novembre dello stesso anno, il pittore risulta degente per una ferita, che dice di essersi procurato da solo, cadendo sulla propria spada.

    Il fatto più grave però si svolse a Campo Marzio, la sera del 28 maggio 1606: l'artista si sporcò dell'omicidio di Ranuccio Tommasoni da Terni. A causa di una discussione causata da un fallo nel gioco della pallacorda, il pittore venne ferito e, a sua volta, ferì mortalmente il rivale, con il quale aveva avuto già delle discussioni in precedenza spesso sfociate in risse. Anche questa volta c'era di mezzo una donna, Fillide Melandroni, le cui grazie erano contese da entrambi. Probabilmente dietro l'assassinio di Ranuccio c'erano anche questioni economiche, forse qualche debito di gioco non pagato dal pittore, o addirittura politiche: la famiglia Tommasoni infatti era notoriamente filo-spagnola, mentre Michelangelo Merisi era un protetto dell'ambasciatore di Francia.

    Il verdetto del processo per il delitto di Campo Marzio fu severissimo: Caravaggio venne condannato alla decapitazione, che poteva esser eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per la strada. In seguito alla condanna, nei dipinti dell'artista lombardo cominciarono ossessivamente a comparire personaggi giustiziati con la testa mozzata, dove il suo macabro autoritratto prendeva spesso il posto del condannato.

    La fuga da Roma

    La permanenza nella città eterna non era più possibile: ad aiutare Caravaggio a fuggire da Roma fu il principe Filippo I Colonna, che gli offrì asilo all'interno di uno dei suoi feudi laziali di Marino, Palestrina, Zagarolo e Paliano.

    Il nobile romano mise in atto una serie di depistaggi, grazie anche agli altri componenti della sua famiglia che testimoniarono la presenza del pittore in altre città italiane, facendo così perdere le tracce del famoso artista.

    Per i Colonna Caravaggio eseguì in quel periodo diversi dipinti, su tutti la Cena in Emmaus, nella splendida e scarna versione che oggi è a Brera.

    Gli ultimi anni (1606 - 1610)

    Il periodo napoletano

    Alla fine del 1606 Caravaggio giunse a Napoli, dove rimase per circa un anno. La fama del pittore nella città era ben nota a tutti. I Colonna lo raccomandarono ad un ramo collaterale della famiglia: i Carafa-Colonna, importanti membri dell'aristocrazia napoletana. Qui il Merisi visse un periodo felice e prolifico per quanto riguarda le commissioni: la più importante, ad opera di un mercante croato di Ragusa, Nicola Radulovic, fu la Madonna del Rosario; l'iconografia del dipinto venne impostata dal committente stesso che alla fine non acquistò più l'opera, che venne così modificata dal pittore e collocata all'interno della Cappella del Rosario nella chiesa dei domenicani. In tale periodo realizzò le Sette opere di Misericordia.

    Il soggiorno a Malta

    Nel 1607 Michelangelo Merisi parte per Malta, sempre per intercessione dei Colonna, qui entra in contatto con il Gran Maestro dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, Alof de Wignacourt, a cui il pittore fece anche un ritratto. Il suo obiettivo era diventare Cavaliere per ottenere l'immunità, in quanto su di lui pendeva ancora la condanna alla decapitazione. Il Caravaggio firma un documento dove dichiara che il suo luogo di nascita è proprio Caravaggio in provincia di Bergamo: "Carraca oppido vulgo de Caravagio in Longobardis natus". Questo dovrebbe far riflettere sulle numerose diatribe sul suo luogo di nascita.

    Nel 1608 Caravaggio dipinge la Decollazione di San Giovanni Battista, il suo quadro più grande per dimensioni, tuttora conservato nella Cattedrale di La Valletta.

    Dopo un anno di noviziato, il 14 luglio 1608 Caravaggio fu investito della carica di Cavaliere di grazia, di rango inferiore rispetto ai Cavalieri di giustizia di origine aristocratica. Anche qui ebbe dei problemi: fu arrestato per un duro litigio con un cavaliere del rango superiore e perché si venne a sapere che su di lui pendeva la condanna a morte. Venne rinchiuso nel carcere di Sant'Angelo a La Valletta, il 6 ottobre: riuscì incredibilmente ad evadere e a rifugiarsi in Sicilia a Siracusa. Il 6 dicembre i Cavalieri espulsero Caravaggio dall'Ordine con disonore: «Come membro fetido e putrido».

    Caravaggio in Sicilia

    A Siracusa, Caravaggio fu ospite di Mario Minniti, suo amico di vecchia data, conosciuto durante gli ultimi anni romani. Nella città siciliana si interessò molto all'archeologia studiando i reperti ellenistici e romani della città siciliana: durante una visita assieme allo storico Vincenzo Mirabella coniò il nome "Orecchio di Dionigi" per descrivere la Grotta delle Latomie.
    Durante questo soggiorno dipinse per la Chiesa di Santa Lucia una pala d'altare del Seppellimento di santa Lucia (la patrona della città siciliana) la cui ambientazione sembra proprio quella delle vicine grotte da lui tanto ammirate.

    Durante il suo tragitto, secondo molti critici e secondo lo scrittore Andrea Camilleri, si sarebbe fermato a Licata, dipingendo il S. Girolamo nella fossa dei leoni, dipinto che avrebbe creato il culto della festa del Venerdì santo nella località dell'agrigentino e il San Giacomo della misericordia presente nella omonima chiesa.

    A Messina dipinse la Resurrezione di Lazzaro, tetra incompiuta e cimiteriale rappresentazione, la cui parte centrale è occupata dal corpo spasmodicamente teso nel gesto del braccio verso la luce, e l'Adorazione dei pastori, umile, raccolta, essenziale, calma.
    Fece a Palermo per l'Oratorio della Compagnia di San Lorenzo una Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, ricordata da Giovan Pietro Bellori, di lì poi trafugata da Cosa nostra nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969. Secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza l'opera, passata da cosca a cosca ed esposta nei summit come simbolo di potere e di prestigio, fu bruciata negli anni Ottanta perché rosicchiata dai topi nel periodo in cui i Pullarà la tenevano in una stalla.[5] (L'episodio del furto ispirò l'ultimo romanzo di Leonardo Sciascia, Una storia semplice).

    Il ritorno e la fine

    Alla fine dell'estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli. Il 24 ottobre, affrontato con violenza da alcuni uomini al soldo del suo rivale maltese, all'uscita della Locanda del Cerriglio (nei pressi di Via Monteoliveto), rimase sfigurato e la notizia della sua morte cominciò a circolare prematura. La fase creativa del suo secondo periodo napoletano è ricostruita dagli storici con molte congetture: dipinse sicuramente il Martirio di sant'Orsola per Marcantonio Doria, la Negazione di San Pietro, il San Giovanni Battista conservato alla Galleria Borghese.

    Fanciullo con canestro di frutta

    Diversamente attribuiti al periodo di Napoli o, preferendo considerare la committenza, di Malta, sono i due diversi quadri con medesimo soggetto: la Salomè con la testa del Battista esposto solo di recente in prestito alla National Gallery di Londra che il pittore avrebbe dovuto recapitare ai Cavalieri dell'Ordine, e la Salomè con la testa del Battista conservato a Madrid. Inoltre, il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in meditazione e una Resurrezione (quest'ultima nota oggi attraverso una copia di Louis Finson ad Aix en Provence) andarono perduti durante il terremoto del 1805 col crollo della Chiesa di Sant'Anna dei Lombardi, per la quale erano stati dipinti.
    Da Roma gli fu inviata la notizia che Papa Paolo V stava preparando una revoca del bando. Caravaggio, da Napoli, dove abitava presso la marchesa Costanza Colonna, si mise in viaggio con una feluca traghetto che settimanalmente faceva il tragitto: Napoli-Porto Ercole e ritorno; era diretto segretamente a Palo, feudo degli Orsini in territorio papale, luogo distante 40 km da Roma. In quel feudo avrebbe atteso in tutta sicurezza il condono Papale prima di ritornare, da uomo libero, a Roma.
    Ma l'arrivo a Palo, disatteso perché segreto, avvenuto probabilmente di notte, causò il fermo dalla sorveglianza della costa per l'accertamento dell'identità. La feluca che lo aveva sbarcato, non potendo aspettare, proseguì il viaggio per Porto Ercole dove era diretta, portandosi dietro il bagaglio dell'artista. Quelle casse, però, contenevano anche il prezzo concordato dal Merisi con il Cardinale Scipione Borghese per la sua definitiva libertà: un'opera, il "San Giovanni Battista" (della Borghese) in cambio della revoca della pena di morte; pertanto, quel bagaglio era da recuperare perché letteralmente vitale. Quando gli Orsini lo liberarono, fornirono al Caravaggio una loro imbarcazione con marinai per giungere a Porto Ercole, distante da Palo 40 miglia, per recuperare le sue cose. L'artista giunse mentre la feluca-traghetto stava ripartendo riportando a Napoli i suoi averi.

    In preda alla febbre per infezioni intestinali, dopo quel lungo viaggio, il Caravaggio fu lasciato alle cure della locale Confraternita che il 18 luglio 1610 certificò la morte avvenuta nel loro ospedale. Il giorno successivo, l'artista fu seppellito nella fossa comune ricavata nella spiaggia e riservata agli stranieri, e che oggi è il retroporto urbanizzato di Porto Ercole, dove nel 2002 è stato collocato il monumento. Pertanto, morto in ospedale e sepolto nella spiaggia.
    Il condono papale fu spedito qualche giorno dopo a Napoli, alla Marchesa Costanza che abitava a Cellammare, a Palazzo Carafa Colonna da dove il Caravaggio era segretamente partito.

    Attività artistica

    Stile pittorico

    Cena in Emmaus, 1602, National Gallery di Londra

    La particolare tecnica pittorica e realizzativa di Caravaggio, fu una delle chiavi del suo successo. Fino al suo avvento nella pittura, lo stile che caratterizzava la maggior parte degli artisti era estremamente legato ad un tipo di cultura accademica che si basava prevalentemente sullo studio dell'arte classica, con forti influssi derivati dai grandi protagonisti del periodo d'oro del Rinascimento italiano, su tutti le figure di Michelangelo e Raffaello, nel centro Italia; per quanto riguarda il settentrione la pittura si rifaceva soprattutto a Tiziano, Correggio e Leonardo. La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo della sua opera, espresso nei soggetti dei suoi dipinti e nelle atmosfere in cui la plasticità delle figure viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi dei corpi che escono improvvisamente dal buio della scena. Sono pochi i quadri in cui il pittore lombardo dipinge lo sfondo, che passa nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti, i veri e soli protagonisti della sua opera. Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, lasciando il resto del corpo nel buio dell'ambiente.

    I soggetti

    I soggetti efebici e la presunta omosessualità

    Bacco

    Tra le opere giovanili del Caravaggio ci sono molti ragazzi seducenti solitamente intenti a suonare uno strumento (tradizionale accompagnamento all'amore) o mangiare un frutto (simbolo dell'appagamento dei sensi); sono giovani colti dalla strada, dai luoghi che lui amava frequentare come osterie, bische, bordelli e luoghi di malaffare della città. La continua proposta di questi personaggi ha fatto formulare a molti critici supposizioni riguardo alla presunta omosessualità dell'artista e dei suoi due più importanti committenti, il cardinale Del Monte ed il marchese Giustiniani, che conservavano molte di queste opere all'interno dei loro gabinetti privati; la più famosa tra queste è l'Amore vincitore, dipinto dai forti toni sensuali, che l'artista dovette replicare per entrambi i committenti.

    L'opinione contraria di Maurizio Calvesi:


    « In realtà, la presunta omosessualità del Caravaggio, utile ad aggiungere un tocco al quadro del suo "maledettismo", è probabilmente solo un abbaglio; e questo discende da una discutibile esegesi di alcuni dipinti del primo periodo romano, che presentano figure effeminate o ritenute provocanti. A lungo, del resto, ci si è rifiutati (e molti ancora si rifiutano) di applicare al Caravaggio quella lettura secondo i codici "iconologici" dell'epoca, che consente di apprezzare le bellissime e rivelatrici simbologie di cui la sua pittura è intessuta, pur nell'approccio realistico. Senza intendere il contesto dei simboli ogni scelta di figure o di oggetti appare come il frutto di un impulso immediato, orientando verso interpretazioni soggettive e modernizzanti. »


    Gli altri soggetti

    Non solo soggetti efebici caratterizzarono le pitture di Caravaggio, spesso la rappresentazione, anche nelle opere ufficiali per committenze pubbliche, di personaggi vecchi e deformi nei panni di venerati santi e di prostitute e umili donne nelle vesti di importanti figure femminili della storia della chiesa. L'utilizzo di questi modelli fu motivo di molte critiche che accusavano l'artista di esaltare la goffaggine e la sporcizia di certi personaggi, lasciando da parte l'idealizzazione della bellezza e la ricerca di una perfezione compositiva, particolarità da sempre ricercate dagli artisti precedenti, specie nella rappresentazione di soggetti appartenenti alla storia della religione.

    Canestra di frutta

    La natura

    Nelle prime opere del Caravaggio si trovano spesso splendidi particolari di nature morte, ma una sola è la composizione completa che sia pervenuta, Canestra di frutta. Ciò è riferibile soprattutto al periodo di apprendistato nella bottega dal Cavalier d'Arpino. La frutta rappresentata da Merisi è in perfetta sintonia con i personaggi. Le foglie appassite, con il loro stato di maturazione avanzata, danno l'idea di una particolare atmosfera di decadenza autunnale. Tradizionalmente alle nature morte venivano associati significati allegorici, l'appassire di frutta e verdura in questo caso sembrano parlare del rapporto di convivenza tra vita e morte.

    I ritratti

    Il pittore non dipinse molti ritratti e di quei pochi restano soltanto quattro o cinque (l'unico ritratto femminile, quello di una cortigiana, probabilmente Fillide Melandroni, modella per dipinti dell'artista, andò distrutto a Berlino, nel Kaiser Friedrich Museum durante la Seconda guerra mondiale). Sopravvivono inoltre il ritratto del cardinale Maffeo Barberini (che poi sarà papa col nome di Urbano VIII), quello del Gran Maestro dei cavalieri di Malta Alof de Wignacourt con un paggio, il ritratto di un altro Cavaliere di Malta, Antonio Martelli, quello di un gentiluomo sconosciuto e quello del Papa Paolo V (di incerta attribuzione).

    Importanti committenze

    Tra il 1600 ed il 1606 Caravaggio dipinse per alcune chiese romane quattro importanti tele laterali e cinque pale d'altare (compresa la Deposizione nel sepolcro, ora alla Pinacoteca Vaticana, ma dipinta per la seconda cappella a destra in S.Maria in Vallicella, la chiesa Nuova di Roma), di cui tre (San Matteo e l'angelo, Morte della Vergine e Madonna dei Palafrenieri) furono rifiutate o rimosse perché ritenute rappresentazioni disdicevoli e poco decorose del soggetto sacro.

    Molti quadri di Caravaggio raffigurano santi, i tre più rappresentati sono san Francesco, san Girolamo e san Giovanni Battista. San Francesco appare di solito come una figura ascetica in preghiera, San Girolamo come un vecchio intento a scrivere e San Giovanni come un giovane, praticamente nudo, nel deserto.

    La riscoperta

    Caravaggio sulla banconota da 100.000 lire

    Famoso ed ammirato in vita, Caravaggio fu quasi completamente dimenticato nei secoli successivi alla sua morte, e solo all'inizio del XX secolo la sua importanza nello sviluppo dell'arte pittorica moderna fu universalmente riconosciuta. Ciò nonostante, la sua influenza sul nuovo Barocco - lo stile pittorico che emerse dalle rovine del Manierismo - fu profonda.

    André Berne-Joffroy, autore di Le Dossier Caravage, disse di lui: "Ciò che inizia con l'opera di Caravaggio è molto semplicemente la pittura moderna."

    Caravaggismo

    Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Caravaggisti.

    Con questo termine si indica lo stile degli artisti che si ispirano al Caravaggio. Nei dipinti caravaggeschi troviamo grande realismo nel riprodurre le figure, rappresentate generalmente su uno sfondo monocromo, e illuminate da una luce violenta. I principali pittori caravaggisti sono Bartolomeo Manfredi, Carlo Saraceni, Orazio e Artemisia Gentileschi, Gerrit van Honthorst, Hendrick ter Brugghen, Giovanni Serodine, Battistello Caracciolo, José de Ribera; in questi ultimi due, operanti a Napoli, ritroviamo riproposto lo stile degli ultimi anni del Caravaggio, caratterizzato da atmosfere molto cupe. Carlo Sellitto, anch'egli operante in Napoli (sua città natale), viene invece definito dagli storici dell'arte il primo caravaggesco napoletano; ma la monumentale opera del Caravaggio influenza anche una fitta schiera di grandi artisti d'Oltralpe, tra i quali: Louis Le Nain, Georges de La Tour, Valentin de Boulogne, Simon Vouet, Zurbaràn, Velàzquez, Murillo, Matthias Stomer, Rubens, Van Dyck, Rembrandt, Vermeer, Elsheimer; inoltre, influenze caravaggesce pervadono le opere di artisti ottocenteschi quali: David, Goya, Gericault, Delacroix, Courbet.

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